Questo il titolo dedicato da Jeune Afrique a una rivoluzione silenziosa che si sta svolgendo negli ultimi anni in Africa, dove l’agroecologia sta guadagnando sempre più terreno.
Da poco conclusosi COP28 dove le questioni agricole sono state centrali, osserviamo come questa idea di agricoltura, diametralmente opposta al modello dell’agrobusiness, sia sempre più condivisa all’interno delle organizzazioni contadine africane che trovano in essa un modo per valorizzare il lavoro, le competenze e il territorio.
Le pratiche agroecologiche, inoltre, hanno il vantaggio di essere poco costose e particolarmente adatte alle strutture agricole africane composte per il 90% da piccole aziende familiari che spesso non hanno accesso al credito sufficiente per industrializzare la loro produzione. Reti di agricoltori, ONG e agronomi, come l’Alleanza per la Sovranità Alimentare in Africa (Afsa), collettivi di organizzazioni della società civile o ancora il Panel internazionale di esperti sui sistemi alimentari (IPES Food), si fanno portavoce di questo modello, elevandolo addirittura a una delle condizioni imprescindibili per raggiungere la sovranità alimentare. In particolare in Africa occidentale, nel 2018, sessantanove organizzazioni si sono unite nell’Alleanza per l’Agroecologia in Africa Occidentale (3AO). Nel 2023, il Burkina Faso si è prefisso l’obiettivo di convertire il 30% delle terre agricole a queste pratiche entro il 2027. In Senegal, la rete nazionale “Dynamique pour une transition écologique” (DyTaes) nel 2021 ha ottenuto dal governo che il 10% dei sussidi destinati agli input sia riservato ai fertilizzanti organici.
Questo approccio, tuttavia, richiede molto tempo, manodopera e competenze. Sfide superabili, ma non senza una volontà politica consistente. Ad esempio, durante il periodo di riconversione delle colture, che può durare anche diversi anni, l’agricoltore avrà bisogno di garanzie monetarie e fondiarie. Altra sfida è rendere più attraente la professione di agricoltore attualmente considerata arretrata, poco remunerativa e faticosa dalla gioventù africana che preferisce fuggire dalla campagna per la città o intraprendere la strada dell’emigrazione. Per una vera transizione agroecologica, il futuro dovrà prevedere un’intensa attività di sensibilizzazione e condivisione delle conoscenze su questo tema.