L’ impatto ambientale e sociale del commercio di carbonella
Sono stato recentemente in Malawi, alla LUANAR, la Lilongwe University of Agriculture and Natural Resources. La LUANAR ha 3 campus: due in città, nella capitale Lilongwe, e uno a una quarantina di chilometri a Sud, il “Bunda” campus. È proprio in questo bellissimo e modernissimo campus, che ospita gli istituti di agraria e di veterinaria, che ogni mattina mi sono recato durante il mio soggiorno in Malawi. Il campus è situato sulla strada principale che collega il Malawi con il Mozambico. Già in una prima visita in primavera avevo notato tantissime biciclette cariche all’inverosimile di carbonella provenire da Sud e andare verso la capitale, e altrettante tornare vuote. Questa volta ho visto centinaia e centinaia di biciclette. Incuriosito, ho chiesto a Felix, il mio fedele autista della LUANAR, cosa fosse questo viavai di ciclisti e carbonella. Mi ha spiegato che l’industria della carbonella in Malawi (e nell’Africa sub-sahariana in generale) svolge un ruolo sostanziale nel fornire energia domestica alle crescenti popolazioni urbane. Le foreste del Malawi sono quasi scomparse e quelle residue sono piccole e protette. In Mozambico ci sono ancora molte foreste e, soprattutto, pochi controlli nonostante i divieti di taglio. Le preoccupazioni per forte impatto ambientale che deriva dall’abbattimento delle foreste hanno portato a politiche repressive non solo nei confronti di coloro che tagliano illegalmente gli alberi, ma anche e soprattutto di coloro che trasportano legna e carbonella. I trasportatori che vedevo sulla strada del Bunda campus comprano la carbonella oltre il confine con il Mozambico e lo portano a Zomba, una città di medie dimensioni alla periferia di Lilongwe. Il tragitto è lunghissimo (un centinaio di chilometri) e nel migliore dei casi fanno due giri alla settimana con biciclette vecchie, pesanti e sovraccariche da cui spuntano volti sudati ed esausti. Il rischio che il carico venga sequestrato c’è ma – mi dice Felix – di solito la polizia chiude un occhio in cambio di qualche mancia: la corruzione da queste parti è altissima. Ma soprattutto, i trasportatori hanno poco da dare. Sempre Feliz mi racconta infatti che, nonostante il volume enorme trasportato, la carbonella pesa poco e al mercato i soldi guadagnati bastano poco più che a sfamare il trasportatore. Che deve sempre sperare che la bicicletta non si rompa… E tuttavia, da un recente sondaggio si scopre che i trasportatori sono molto attratti dalla rapidità di cassa e che questa attività è una soluzione alla cronica mancanza di altre opportunità di lavoro. A questo andirivieni partecipano sia uomini che donne, ma i metodi di trasporto sono divisi per genere. Gli uomini, che trasportano la carbonella in bicicletta, guadagnano tre volte di più a settimana rispetto a coloro che trasportano il carbone in testa, il metodo principale utilizzato dalle donne.
Prima di lasciare il Malawi, scopro poi che la carbonella è venduta praticamente ovunque e che a volte, invece delle biciclette, vengono usati camion o furgoni. C’è un nuovo programma, il Modern Cooking for Healthy Forests – MCHF, che dovrebbe rafforzare il quadro giuridico e normativo del settore forestale, nonché perseguire in modo più efficace il taglio illegale di alberi. Ma evidentemente, senza alternative o opportunità di lavoro, il programma non è destinato a risolvere il problema del taglio e del commercio illegale di carbonella. Quest’anno – mi dice Felix – il governo ha sequestrato per la prima volta un veicolo utilizzato nel trasporto illegale di carbonella. Ma evidentemente, non è stato un deterrente sufficiente ed efficace.
Prof. Riccardo Fortina